Leggende e Folklore


LA LEGGENDA DELL'ARENA DI VERONA

Un tempo lontano, a Verona, viveva un gentiluomo, un gran signore, miscredente e senza pietà per la gente. A causa dei suoi delitti, le autorità cittadine lo condannarono alla decapitazione. Ma tanto il gentiluomo chiese e supplicò il perdono che gli fu concesso ad una condizione: "Ti lasceremo la testa sul collo se tu, in una notte, sarai in grado di costruire un edificio adatto a contenervi tutti gli abitanti della città...". Il gran signore non si perdette d'animo e accettò la proposta. Miscredente come era, si rivolse al Diavolo in persona. Così, gli presentò proprio satana a trattare: ovviamente lo avrebbe aiutato soltanto in cambio della sua anima. E così, il patto fu concluso. "Però stai attento" disse il diavolo "che noi possiamo rimanere sulla Terra, dal suono del Vespro a quello dell'Ave Maria del mattino". La sera stessa, dopo il Vespro, salì dall'inferno un esercito di diavoli che si mise a lavorare con accanimento, tirando su pietra su pietra, gradino dopo gradino, senza mai fermarsi. La notte non era poi così lunga per terminare quell'immane lavoro. Il primo girone era ormai completato, e così iniziarono il secondo, più alto, ma già la luce dell'alba sbiancava l'orizzonte. Ma riuscirono soltanto ad iniziare il secondo girone, perché il suono dell'Ave Maria li sorprese e dovettero abbandonare l'opera. L'Arena restò incompleta e la parte finita è chiamata "l'ala", quella dimenticata dal diavolo per la fretta di scappare. L'uomo subì il patibolo, ma pentitosi salvò l'anima, mente Verona, ebbe, per diabolica opera, costruita l'Arena. 


NE SAI UNA PIU' DI BERTOLDO

Bertoldo un uomo capace, intelligente e scaltro. Era un uomo umile, ma sagace e furbo ed in ogni occasione sapeva come cavarsela prendendosi scherno anche del Re che non riusciva ad imbrigliare le sue trovate ed i suoi stratagemmi e che veniva ogni volta gabbato da questo giovane per niente bello, goffo nel parlare, anche un po' sporco e, per molti, un zoticone. Stanco delle prese in giro il Re decise di far impiccare l'uomo, ma fece l'errore di far scegliere a lui su quale albero trovare la morte. La leggenda dice che Bertoldo, accompagnato dal corteo per l'esecuzione ed il boia, siano ancora a passeggio per il bosco a scegliere l'albero da dove farsi penzolare. 

IL BARBA ZUCON, CHE MANGIA I BAMBINI IN UN SOLO BOCON!

Il Barba Zucon è un uomo burbero, simile ad un orco. Leggenda vuole che una madre ed una bimba volessero cucinare delle frittelle, ma non avendo la padella giusta dovettero chiederla in prestito al Barba Zucon. In cambio dovettero promettergli un cesto di dolcetti, altrimenti lui sarebbe tornato a mangiarsi la bimba. Come da accordi la mamma preparò un cestino e lo fece portare alla figlia, ma lei mangiò tutto lungo il tragitto e sostituì le prelibatezze con sterco d'asino. Sul momento lui non si accorse e ingoiò tutto. L'ira salì e la notte Barba Zucon raggiunse la bambina nel letto e se la mangiò... fortunatamente la madre aveva sostituito l'esile corpicino con una bambola di pezza piena di chiodi. Da quella notte le mamme consigliano ai bambini di dormire subito, senza fare storie, altrimenti arriverà l'orco cattivo.


IL FOLLETTO MAZARIOL

Un folletto dispettoso che abita i verdi boschi delle Dolomiti e le grave della sinistra Piave: è tutto rosso e saltella di qua e di là per le radure, comparendo quando meno ce lo si aspetta. Ha una casacca turchese, un cappello rosso a punta e degli zoccoli di legno e ha il potere di far cadere in uno stato di oblio chiunque calpesti le sue impronte. La piccola creatura è molto affezionata alle grave del Piave, dove spesso si reca per qualche momento di svago e relax. Ama talmente il suo territorio che è sempre pronto a difenderlo da coloro che lo mettono in pericolo. Si dice poi che nelle notti di luna piena lo si possa vedere a bordo di una zattera lungo il fiume. A chi gli passa vicino il folletto dice: "Salve, io sono il Mazariol che sconfisse Attila, il flagello di Dio". Attenzione però a quando passeggiate nei boschi della Marca trevigiane, perché un saggio detto locale dice: "No cascar entro te le peche del mazaro".

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